di Gianluigi Columbo

La storia della Saicaf, tra antichi bar e nuovo assetto societario: «Siamo sempre il "caffè di Bari"»
BARI – La maggioranza delle azioni sono state cedute a un socio strategico, la produzione è stata decentrata in varie sedi, la fabbrica storica è stata chiusa, ma il suo nome continua a essere associato alla città di Bari, della quale rappresenta una delle industrie più antiche. Parliamo della Saicaf (Società Anonima Industria Caffè), la torrefazione fondata nel 1932 che per decenni ha sparso l’inconfondibile aroma di caffè per le vie del capoluogo pugliese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un’azienda che negli ultimi tempi ha rivisto complemente il suo assetto. La sede di via Amendola è stata infatti dismessa nel 2020 (oggi al suo posto sorge una concessionaria d’auto) e la maggioranza del suo pacchetto azionario è stato ceduto nel 2021 all'imprenditore Massimo Zanetti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di contro però a dirigere la società c’è sempre l’83enne Antonio Lorusso, nipote di Beniamino Cipparoli, colui che la fondò oltre novant’anni fa. In più lo scorso agosto è stato riaperto dopo cinque anni di abbandono il glorioso Caffè Saicaf (oggi “Casa Saicaf”), punto di riferimento cittadino situato dal 1958 in corso Cavour.

Insomma se da una parte l’azienda si è quindi “allontanata” da Bari, dall’altra ha cercato di mantenere salde le radici sul “suo” territorio. A conti fatti la Saicaf rimane quindi un’impresa “made in Puglia”, riteniamo così doveroso raccontarne la gloriosa storia. (Vedi foto galleria)

«Tutto ebbe inizio nel 1932, quando mio nonno, l’avvocato Beniamino Cipparoli, assieme a suo fratello Giovanni decise di investire nel settore del caffè», ci racconta il presidente Antonio Lorusso, che incontriamo nella nuova sede dell’azienda sita in via Oberdan

All’epoca la prima piccola fabbrica trovò posto in un locale di via Melo e in principio si limitò più che altro a rifornire il Gran Caffè Savoia, bar di proprietà della famiglia Cipparoli inaugurato lo stesso anno della torrefazione. Il locale si trovava in un palazzo a un solo piano situato tra corso Cavour e via Dante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Si trattava di un posto raffinato, frequentato dalla borghesia barese - sottolinea Lorusso -. Sulla sua terrazza in estate venivano proiettati addirittura dei film e l’arena prendeva il nome di “Ariston”. L’arredamento fu curato dai fratelli Bega di Bologna, autori anche di due pregevoli pannelli in legno con intarsi raffiguranti i monumenti più famosi di Bari, che sono stati salvati e collocati proprio qui, in via Oberdan».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sino alla fine degli anni 40 la produzione di caffè rimase quindi circoscritta al bisogno del Savoia, ma nel 1952 tutto cambiò. In quell’anno infatti Beniamino Cipparoli, alle soglie della pensione, affidò la gestione dell’azienda alla sua unica figlia Mariellina e a suo marito Leonardo Lorusso, che decisero di ingrandire notevolmente la struttura societaria.  

«Mio padre iniziò a espandere il commercio in tutto il barese - spiega il presidente -, offrendo il nostro caffè a tutti i bar, da Molfetta sino a Polignano. La richiesta divenne molto alta e così la torrefazione si spostò in una sede un po’ più grande, in via Emanuele Mola, nel quartiere Madonnella. Gli affari si svilupparono velocemente, fu necessario cominciare a preparare le confezioni da tre chili e vennero realizzati i primi contenitori sottovuoto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Curiosità. Di quegli anni è anche l’apertura del Trampolino, storico stabilimento balneare di proprietà dei Lorusso posto dal 1955 nel quartiere San Girolamo, accanto al Canalone. Fu Marinella a volere l’allargamento del precedente “Lido Eden”, salvando nel contempo la graziosa chiesetta della Madonna del Rosario eretta dal padre nel 1935 in quel punto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il 1958 è invece l’anno dell’addio al Savoia. L’edificio che lo ospitava fu infatti abbattutto e al suo posto sorse l’attuale “grattacielo” che vide sorgere ai primi due piani il nuovo “Caffè Saicaf”. Un bar molto più ampio e moderno, il cui arredamento fu curato dagli architetti Chiaia e Napolitano, che allargò la sua offerta divenenendo anche tavola calda e piccola sala ricevimenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E dall’inizio degli anni 60 l’azienda cominciò a espandere la distribuzione del caffè in tutto il Sud Italia, in particolare in Basilicata, Calabria e Campania. Dal 1962 la torrefazione si trasferì quindi in una sede molto più grande posta in via Amendola ad angolo con via Omodeo (accanto al Villaggio Armeno), lì dove avrebbe diffuso l’aroma del caffè per i seguenti 58 anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il nuovo stabilimento di diecimila metri quadri trasformò completamente la produzione, la quale da manuale divenne interamente meccanizzata. E la Saicaf divenne un punto di riferimento della realtà industriale barese, le cui confezioni di caffè (tutte rigorosamente di color rosso) si diffusero ovunque: nei bar, negli alimentari e nei primi supermercati che a partire dalla fine degli anni 60 cominciarono a spuntare cone funghi a Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il successo della torrefazione portò anche a una ristrutturazione del bar, che nel 1987 divenne il “Gran Caffè Saicaf”, presentandosi ai baresi con grandi vetrate di cristallo che facevano filtrare all’interno la luce naturale. «All’inaugurazione erano presenti tre generazioni dei Lorusso: mio nonno, mio padre e anch’io», ci racconta il 42enne Leonardo Lorusso, figlio di Antonio e attuale direttore commerciale dell’azienda.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fra gli anni 90 e il primo decennio degli anni duemila la torrefazione, sotto la gestione del nuovo presidente Antonio Lorusso insediatosi nel 1997, cominciò ad ampliare l’importazione del caffè, che a quel punto divenne esclusivamente proveniente da Africa e America Centro-Meridionale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Diventammo una delle dieci prime torrefazioni italiane – sottolinea con orgoglio Antonio -. Il marchio Saicaf si propagò in Europa, soprattutto in Germania, Francia, Grecia, Romania e nella penisola balcanica».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma dopo un’ulteriore ristrutturazione del bar nel 2011 che subì un restyling ispirato agli anni 60, la storica società barese conobbe un complicato periodo di riorganizzazione. Il Gran Caffè chiuse improvvisamente i battenti nel 2018 (per via della morte del gestore) e l’anno dopo fu dismessa la storica torrefazione di via Amendola, a seguito del quale 13 dipendenti furono messi in cassa integrazione straordinaria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A causa del clamore e delle polemiche provocate da quest’improvvisa chiusura, l’azienda replicò con una nota di «aver avviato una riorganizzazione imponente per potenziare la propria presenza sul territorio nazionale e all’estero».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Parole che Antonio e Leonardo hanno ripetuto anche noi. Sta di fatto che la Saicaf nel giro di pochi anni è stata rivoluzionata. Nel 2020 gli uffici sono stati trasferiti nell’attuale sede di via Oberdan e la tostatura spostata in vari stabilimenti italiani. E nel 2021 la maggioranza delle azioni è stato acquistata dall''imprenditore Massimo Zanetti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«È vero, le cose sono molto cambiate negli ultimi tempi, posso però affermare che il marchio e l'epresso rimane lo stesso - tiene a sottolineare Leonardo Lorusso -. Il presidente è sempre mio padre e la famosa miscela non è stata cambiata: produciamo sempre il medesimo prodotto. In più vorrei aggiungere che l’aver riaperto lo storico bar, nel punto in cui è sempre stato, evidenzia la nostra caparbietà nel rafforzare il senso di appartenenza con la nostra città. Noi rimarremo sempre il “caffè di Bari”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Gianluigi Columbo
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  • gaetanino Martino - ho sempre usato il vostro caffe' saicaf ma in pescara dove oggi vivo non trovo il vostro xcaffe' : soltanto auscgan lo aveva ma da qualche tempo non lo vende piu' dove posso acquistarlo ?


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